Fratelli brutti

Meglio cento anni da cinghiale che uno da forchetta

La storia dei fratelli brutti che siamo costretti ad invitare alle feste comandate

Tutti sanno che nell’armadio, oltre agli scheletri di plastica, ci sono anche i nascondigli per le peggio idee che vi sono venute in vita.
Cercare di asciugare i capelli dietro le pale del ventilatore, intingere gli spaghetti nell’acquario tentando di tirarne fuori degli spaghetti allo scoglio o fabbricare delle imprevedibili bombe carta casalinghe per farci giocare tuo figlio a Carnevale sono solo alcuni esempi di come l’intelligenza conservi sempre la speranza di trovare idee alternative a problemi già risolti da altri. 
Queste idee brillanti, una volta messe in pratica, vi insegneranno due cose: che anche voi potete essere stupidi e che (come tutti gli altri) dovete cercare le cose su Google per non sembrarlo più.

Uno dei problemi di Euromonte è che niente di quello che ci serve si trova online e che abbiamo ripetutamente fallito per arrivare ad una versione definitiva che ancora sembra il fratello brutto di se stessa. In questa rubrica di Fratelli Brutti, cercheremo di farvi apprezzare i nostri fallimentari slanci d’ingegno nello stesso modo in cui i media cercano di convincervi che la bambola di Belle del film La Bella e la Bestia non sia affatto inquietante.

-Gioffredo sei un ignorante-
-Nel senso che ignoro la consueta credenza degli adulti che tutti i bambini di 7 anni non siano in grado di formulare una corretta sentenza?-
-No, nel senso che mi stai sulle palle-
è NOTTE, di notte forse, rapita dall’idiozia che solo il sonno sa donare, riuscirò a scrivere questo episodio di euromonte. Gli unni sulla luna.

Annamaria: Questa è la primissima versione de Gli Unni sulla Luna, che ho scritto di notte … quando nessuno me lo aveva chiesto. In effetti, già da qui si nota come io sia il fratello brutto della grammatica italiana, quello che mette le virgole dove non vanno. Ma sapete che vi dico? A posteriori l’ho scritto in modo perfetto e se fosse per me avrei tenuto tutto così. Siete voi due che mi tarpate le ali e frenate la mia creatività.

Eloisa: Fidati, è stato meglio così.

A: In ogni caso, abbiamo cominciato la rubrica da qui per essere al passo con la pubblicazione de Gli Unni sulla Luna, ma c’è da dire che questo non è il primo fratello brutto. Il primo testo che ho scritto era molto più agghiacciante di questo. Tra i primi racconti brevi voglio ricordare titoli illustri come La quasi-capra, Mario l’Agrario, La provincia di Dimmelo o La Fisica Applicata … un periodo d’oro in cui ancora scrivevo Euromonte con il simbolo dell’ seguito dalla parola Monte.
Non siete contente che io lo abbia superato? In effetti mi ricordo un’altra cosa di quei giorni felici, Giada aveva i capelli rosso fosforescente solo da un lato. Non stava male eh, però anche lei, come Euromonte, era il fratello brutto di se stessa.

Giada: Tornando al testo degli Unni, le prime quattro righe di dialogo che cosa erano esattamente?

A: Mi ero immaginata una battuta d’apertura, come fanno nei film. Qualcosa di cosa è successo prima e poi si comincia la storia, hai capito?

G: No.

A: In realtà, se devo proprio buttare fuori tutto, non l‘ho fatto con coscienza. Forse volevo cominciare con un dialogo ad effetto, ma poi ho pensato Boh, non mi interessa e ho ricominciato da capo.

G: In effetti, il testo originale della storia in diversi punti ricomincia da capo, dicendo Adesso è notte, vi racconto questo, oppure Anche oggi scrivo di notte e vi racconto quest’altro.

A: Sì, faccio spesso così, scrivo e poi correggo o riprendo il testo più avanti nella storia, perché scrivendo senza una trama lineare alla fine non posso fare diversamente. Ecco: sono un’accumulatrice compulsiva di pezzi di storie scritte male di notte. Poi a distanza di tempo diventa tutto nebuloso e non ricordo più veramente perché abbia scritto così invece che colà.

G: Ma quindi, l’adattamento a fumetti di questo dialogo è venuta come ti aspettavi o no? 

A: Alla fine credo di sì.

Si potrebbe iniziare dicendo che gli unni non erano così cattivi come tutti pensano, che forse sono stati trattati male da piccoli, presi a cinghiate da zii prepotenti e quindi una volta in groppa ai loro spaventosi pony, gli sia salito il grido di Xena in gola e abbiano cominciato a saccheggiare villaggi, azzoppare vecchine indifese e derisvoltinare risvoltini hipster. Potremmo cullare i nostri piccoli cervelli nella erronea convinzione che, poverini, non è colpa loro; fa pensare a quando le  mamme difendono i bulli, tu che già vai a scuola con la stessa verve con la quale andresti ad assistere alla gara di spelling di Luca Giurato, ti trovi pure sta progenie del demonio che ha puntato te, ma lui poverino avrà avuto un’infanzia difficile, vedi che non ha soldi? vedi che non è tanto carino e quindi è insicuro? eppure l’unica cosa che ti viene da pensare è che sinceramente, lui non abbia niente di meglio da fare che sbucciarti le palle per tre, quattro ore, per poi tornare alla sua inutile esistenza, insomma in poche parole, l’unica cosa che noti è che è cattivo dentro.

G: La storia scritta prosegue con una spiegazione su quanto gli Unni fossero cattivi senza motivo alcuno, con tanto di esempi con dentro altri esempi. La cosa divertente è stata cercare di adattare questo testo ai disegni del fumetto.

A: Per prima cosa abbiamo tagliato i pezzi illustrabili, le spiegazioni che non avevano bisogno di didascalie, in pratica. Poi abbiamo fatto delle sintesi e aggiustato qualche frase. E com’è andata vi chiederete … malissimo, ovviamente. Non solo per questa parte, è andata male in generale.
Volevamo unire le didascalie con immagini che erano delle metafore, ma che avevano dentro nuove battute e altri baloon. Ogni volta che leggevamo i pezzi ci veniva da aggiungere e togliere qualcosa.

G: Io continuo a pensare che abbiamo toccato il fondo con la metafora del babbuino.

E: Perchè avete disegnato un babbuino?

A: Era un tentativo di metafora. Una metafora fratella brutta. O una petafora, in cui il babbuino rappresentava i bulli.

E: Ah, ora mi ricordo. Io l’ho capita quando l’ho letta.

A: Sì beh, solo tu l’hai capita. Le persone (che poi sono diventate il nostro team di revisione) hanno tutte trovato dei modi carini per dirci che dalle pagine dell’anteprima non si capiva niente.
La metafora non era stata presentata in alcun modo e di punto in bianco spuntava fuori questo babbuino, mentre gli Unni nella locanda e Jacques si erano visti a malapena.

E: Secondo me era un problema di condensazione non di babbuini.

G: Per cercare di ovviare al problema abbiamo attraversato diverse fasi del disagio. Nella prima abbiamo solo adattato il testo originale e c’era una vignetta di Luca Giurato, che però non assomigliava a Luca Giurato in mezzo ad una foresta pluviale che sosteneva una gara di spelling, con affianco una vignetta che era la parodia di una copertina del National Geographic in cui la didascalia faceva da sottotitolo.

A: In fase due, quella dell’autocorrezione, abbiamo pensato che fosse troppo brutto. Non potevamo far uscire le pagine così. Però eravamo propositive, della serie Dai, sono le prime pagine, poi si migliora … 

G: Allora abbiamo disegnato due vignette nuove che mostravano un bambino triste a scuola e i suoi bulli e abbiamo corretto ‘sta copertina mettendo un esploratore simile al bambino, con la tiepida speranza nel cuore che i lettori avrebbero capito che erano la stessa persona. Il senso doveva essere: il bambino non impara la lezione sui bulli e crede anche da adulto che la cattiveria nasca dalle ingiustizie ricevute nell’infanzia, così va a scovare babbuini impreparato psicologicamente e viene sbranato.

E: Ma sul serio? C’era tutta ‘sta roba?

A: Non mi ricordavo la cosa del bambino uguale all’esploratore …

G: Beh, meno male che l’abbiamo tolta. In fase tre, dopo un piccolo momento di disperazione e intossicazione alimentare, abbiamo ricevuto i feedback sull’anteprima.

A: C’erano i commenti positivi, ma quelli negativi, come dicevamo prima, facevano intendere che non si capissero chi erano i protagonisti, cosa stesse succedendo, ecc … rendendo chiaro che era necessaria una revisione. Dovevamo riscrivere tutto.

E: Come una madre con un figlio brutto che ama. Un giorno qualcuno le fa notare che è zoppo, la madre finalmente se ne accorge e piange.

A: Esattamente. Per cui questa Fase Tre, la chiameremo la Disperazio, in cui abbiamo cercato di rifare quindici pagine in una settimana.

E: Ma perché non è traslata la data di uscita?

A: Quando l’ho chiesto a Giada, lei ha detto che continuando a posticipare non saremmo uscite più.

E: Sì sì, però la prima parte del lavoro è stata troppo frenetica.

A: Già, abbiamo riscritto e allungato il testo in un paio di giorni, rifatto le pagine, poi nella stessa settimana abbiamo fatto le prove colore, colorato le pagine dei flashback, editato, costruito il treno di carta … siamo andate a letto alle tre di notte per una settimana. Eloisa, stavi pure male.

G: Sì e le abbiamo anche dato i testi da scrivere.

E: Tre giorni per scrivere quindici pagine, mannaggia a voi.

G: Non potevamo uscire con i testi scritti da me. Quanto erano belli, Eloisa?

E: Bellissimiiiiiii. Ogni volta che li vedevo chiedevo Sei proprio sicura di volerli scrivere tu? Per me non è mica un problema. E tu No no, non voglio rubarti tempo. Che poi, non ricordo se tu non volessi farmeli fare perché li volevi scritti a mano e io li scrivevo in digitale …

G: Era una questione di ordine pratico. Non avendo scritto la storia con noi, pensavo che avrei perso più tempo a spiegarti cosa scrivere che a fare i testi da sola. Alla fine, ho capito che dopo aver tribolato tanto per fare le paginette nuove, non potevo tenere quel testo orrendo, così ho scritto i testi sui post-it di corsa e ho consegnato le pagine ad Eloisa palesemente in ritardo. Il 18 ottobre per il 21.

E: I testi, ah … ho letto delle cose vagamente comprensibili.

G: Per fortuna che li hai ri-fatti tu, graficamente e grammaticalmente.

E: Beh, grammaticalmente era d’obbligo. Ero sempre lì a chiedermi Cosa sto vedendo?

G: Sì, però stai calma.

E: Comunque alla fine siamo riuscite a finire l’anteprima e un po’ alla volta abbiamo imparato come organizzarci per i lavori successivi. In effetti, oltre ad essere entrata in ritardo nel Team Euromonte conoscendo poco la storia, ho imparato a scrivere baloon da autodidatta. Non l’ho mai fatto prima. Ho cominciato scrivendo con la penna in digitale sul mio PC. Per qualcuno di voi magari suona come una bestemmia, ma almeno i testi sono meglio di quelli che avevamo all’inizio.

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