Fuori dalla penna nessuna pietà
Conversazioni in antibagno - parte due
Abbiamo raccontato tante volte le trame ai nostri amici, compagni di scuola, poveri ignari che non potevano opporsi alla nostra logorrea. Spesso i loro dubbi iniziavano e si concludevano con perché.
Oggi parliamo con Giada, disegnatrice e co-sceneggiatrice di Euromonte.
Annamaria: Cosa vedi in Euromonte? Cos’è per te?
Giada: Euromonte è nato con le stesse premesse e la stessa idiozia che ha descritto Anna e questo è indiscutibile, eppure, per ragioni sconosciute l’ho considerato da subito come un progetto potenzialmente valido (anche se a tratti mostrava le stesse caratteristiche di quelle idee che vengono di notte e sembrano geniali, ma che la mattina dopo ti rendi conto essere minchiate).
I primi anni mi sono divertita a tradurre le storie di Anna in fumetti brevi (e decisamente brutti) ma, naturalmente, non avendo esperienza, cercare di raggiungere un risultato soddisfacente era una speranza lontana. Sono state l’evoluzione della storia e delle nostre personalità a darci la chiave di lettura per affrontare Euromonte di petto: tutto ha cominciato a comporsi davanti ai nostri occhi e a specchiarcisi dentro. La più genuina idiozia cominciava a guadagnare senso.
La trasformazione di Euromonte da “montagna” a pianeta e la nascita dei suoi i popoli, le lingue, le religioni, hanno aperto tutta una serie di domande che sorpassava di gran lunga l’intenzione iniziale delle brevi storie nonsense. Rispondere è stata la nostra spinta e il nostro obiettivo, che ancora si snoda attraverso quello che sì prospetta un lungo periodo di studio.
In questo progetto vedo un’opportunità.
L’occasione di vedere un pianeta diverso, dove le regole e le convinzioni sociali sono profondamente diverse da quelle a cui siamo abituati. Su Euromonte le vite sono spesso brutali e ciniche, le personalità dei personaggi metamorfiche e ingenue, la natura è sarcastica e scorretta, eppure tutto vive insieme come fosse un unico organismo.
Mi manca questo sulla Terra e trovo liberatorio immaginare che nell’universo ci sia un pianeta come Euromonte. Ecco, fare Euromonte è come opporsi allo scorrere degli eventi, creare un flusso contro-realista…
A: Sì, poi? DADA?
G: … no.
A: Tu hai già pubblicato un fumetto
G: Sì, Le terre dei giganti invisibili (Ed. BD, 2018). Un fumetto senza testo, solo immagini.
A: Credi che questa esperienza ti abbia aiutata con il progetto di Euromonte?
G: Allora, di sicuro mi ha aiutata nell’organizzazione generale del progetto: la pubblicazione online ci impone delle scadenze costanti, quindi sapere quanto tempo dedicare ad ogni step della realizzazione o dello studio è fondamentale. Io, ad esempio, disegno le pagine con il cronometro alla mano.
Certo un’altra cosa che mi ha aiutata è stata avere una tecnica collaudata e che adesso utilizzo praticamente per tutto.
E per fortuna almeno questa parte del lavoro è risolta, se così possiamo dire, perché invece ci sono ancora tante cose che stiamo perfezionando e che non sapevamo fare.
Abbiamo dovuto imparare a fare le cose insieme: ricavare dei disegni dalla vibrante astrazione delle sceneggiature di Anna, era come cercare di fare un ritratto ad un poltergeist; una situazione completamente diversa da quella dei Giganti, nella quale c’ero solo io a immaginare e disegnare.
Un po’ alla volta, lei ha cominciato a strutturare le scene in modo che fosse più semplice disegnarle e io ho imparato ad interpretare.
Poi ho dovuto affrontare la mia nemesi: i baloon.
Nelle prime tavole a volte ci stava solo la didascalia, a volte solo il baloon, a volte un audiodescrizione e poi arrivava Eloisa dicendomi “Giada, in questa vignetta non ci sta un cazzo”. E anche in questo caso stiamo imparando a collaborare e pensare le pagine con tre cervelli diversi.
A: Bella lì. So che può sembrare una domanda fatta e rifatta ma ci sono autori dai quali prendi ispirazione? Non so, incisori, pittori, ecc…
G: Le terre dei giganti invisibili è stato molto influenzato da Ghirlanda di Mattotti. Ricordo che dopo averlo visto mi sono improvvisamente resa conto di cosa potessi effettivamente fare.
Euromonte alla fine è figlio anche di questo, ma un figlio più complesso, una specie di ragazzino in pieno sviluppo ormonale.
Quindi mi ispiro certo a tecniche e lavori come quelli di Mattotti, Mazzucchelli, De Luca, alle opere di incisori e disegnatori della storia dell’arte moderna e contemporanea, agli studi di costume di Racinet e leggo mille volte gli stessi saggi storici per avere chiari i quadri delle diverse situazioni nel tempo e nello spazio.
Ma è da dire che è fondamentale tutta un’altra parte di ispirazione che viene da fumetti giapponesi come Berserk, anime o videogiochi come God of War IV, Assassin’s Creed I e II o The Witcher… da cui prendo quel pizzico di spavalderia che mi illumina la giornata.
A: Adesso pronta che ti faccio un domandone.
G: Dimmi.
A: Come mai non lavori in digitale?
G: Allora. Questa è una domanda complessa.
A: Eh, grazie.
G: Credo di non riuscire ad avere un riscontro emotivo con il digitale. Quando lo uso è solo per completare disegni che ho già progettato a mano.
Quando lavoro con le mani riesco a creare un legame vero e profondo con il disegno che spesso mi porta alla comprensione di quello che sto realizzando e infine ad una sorta di catarsi.
Disegnare non è solo decorare o presentare, è soprattutto studiare e pensare.
Il digitale mi ha sempre dato l’idea di perdere qualcosa per strada. Di essere distante.
Non avere la possibilità di tornare indietro cliccando un tasto, di cancellare, di correggere con facilità è un grande esercizio di riflessione. E inoltre mi permette di offrire alle persone che guardano, qualcosa che è nato solo da me e dal mio pensiero.